Il sistema degli scambi e degli equilibri internazionali che si era esteso a tutto il mondo prima della crisi finanziaria del 2008-2009 &egrave; ormai affidato alla storia. La successiva tempesta economico-sociale, geopolitica, climatica che stiamo ancora attraversando ci ha proiettati in un mondo che possiamo chiamare &laquo;postglobale&raquo;, caratterizzato dal parziale abbandono delle regole del libero mercato, dall&rsquo;incentivazione al ritorno in patria delle industrie nazionali e dalla necessit&agrave; &ndash; e contemporanea difficolt&agrave; &ndash; a tradurre in piani concreti i progetti &laquo;verdi&raquo;.&nbsp;<br />Il conflitto ucraino e le tensioni sino-americane stanno ulteriormente mettendo sotto stress l&rsquo;ordine internazionale del passato, anche per il rinchiudersi dell&rsquo;America su se stessa. La frattura globale che si sta aprendo porter&agrave; a un&rsquo;atmosfera mondiale di grande ostilit&agrave;? Provocher&agrave; un rallentamento strutturale della crescita o sar&agrave; solo un sussulto temporaneo?<br />Al momento attuale non ci sono risposte, ma solo scenari. Eppure il problema va posto. Dobbiamo tuttavia dimenticarci i tempi spensierati &ndash; e in parte irresponsabili &ndash; in cui eravamo convinti di vivere una condizione di facile abbondanza, cercando invece di costruire &ndash; dall&rsquo;ambiente in su &ndash; una &laquo;et&agrave; dell&rsquo;abbastanza&raquo;, nella quale si possa vivere ragionevolmente bene. Noi, i nostri figli e i nostri nipoti. Il secondo Rapporto sul mondo postglobale cerca di mettere un po&rsquo; d&rsquo;ordine in questa matassa complicata, indicando le vie d&rsquo;uscita che si devono cercare. E probabilmente si possono trovare.