Da quando sul finire dell’Ottocento iniziarono a definire il canone di un nuovo genere, i racconti distopici assunsero un ruolo critico nei confronti delle promesse del progresso e dei grandi progetti di trasformazione sociale. Il fascino che le distopie esercitano sul mondo del XXI secolo è invece probabilmente connesso alla nostra percezione del futuro, una percezione che, dopo il 1989, ha subito un radicale riorientamento rispetto alle coordinate novecentesche. Le distopie contemporanee riprendono certo il ruolo critico dei classici romanzi di Zamjatin, Huxley e Orwell, ma aggiornano anche le mappe delle paure, delle ansie, delle inquietudini, allargandone lo spettro ben oltre l’incubo di un nuovo potere totalitario.<br />Questo volume accoglie alcuni contributi finalizzati proprio alla mappatura dei vecchi e nuovi immaginari distopici. L’obiettivo principale è fornire alcuni elementi utili per identificare le narrazioni distopiche e, al tempo stesso, per elaborare una tassonomia – almeno tendenzialmente esaustiva – delle famiglie in cui il genere si articola, identificando in particolare i sotto-filoni tematici più significativi sia della produzione classica, sia della più eterogenea produzione contemporanea.<br />Oltre a dar conto della penetrazione capillare delle narrazioni distopiche nell’immaginario del XXI secolo, questo volume rappresenta anche uno strumento per avviare un’analisi del ruolo politico che le distopie possono avere. E, benché gli studiosi di politica molto di rado si siano interessati a questi aspetti, una simile indagine può probabilmente fornire elementi preziosi per approfondire la conoscenza di alcuni fenomeni chiave della politica contemporanea.