&laquo;Avevo tre anni quando un&rsquo;assistente sociale mi port&ograve; a Villa Azzurra che di quel colore non aveva proprio nulla. Ci finii perch&eacute; quella buona donna di mia mamma mi aveva avuto da un uomo che della paternit&agrave; se ne infischi&ograve; allegramente, non l&rsquo;ho mai incontrato. Lei era giovane e sola&hellip;&raquo;. Comincia cos&igrave; &ndash; con una storia terribilmente simile a molte altre &ndash; questo libro scritto per <i>non dimenticare</i>; per ricordare a chi &egrave; vissuto al tempo dei manicomi e per informare chi non c&rsquo;era. Ma scritto anche per smontare l&rsquo;illusione che oggi la fabbrica della follia sia altro da quanto era in passato: fenomeno di massa, fenomeno di poveri, manicomi (o realt&agrave; troppo simili) come discariche umane e sociali.