<i>Santer&iacute;a. Lettere a Arianna</i> narra della babele creativa di Jacopo, archeologo mancato riciclatosi in uno studioso freelance che passa da una ricerca all&rsquo;altra senza un progetto. Gli interessano storie umane taciute, classici fraintesi, casi sfuggenti, affrontati con un azzardo che batte sul tempo la ricerca accademica e a volte la condiziona.<br /><i>Santer&iacute;a</i> fa il verso, con eleganza e un pizzico di autoironia, al romanzo epistolare <i>Ultime lettere di Jacopo Ortis</i> di Ugo Foscolo.<br />Jacopo scrive a Arianna, archetipo dell&rsquo;amore infelice, custode della Scienza e del Labirinto inteso come allegoria della Vita. &Egrave; convinto d&rsquo;averla amata da giovane nel corpo d&rsquo;una divina fanciulla. Lei lo guida ma non gli risponde mai e alla fine si muta in Atropo, la Moira implacabile. Nel mito apocrifo, Arianna-Atropo maneggia lo stesso filo, che una volta tagliato impedisce a Jacopo di orientarsi fuori dal Labirinto. Il suo silenzio simboleggia il mancato dialogo tra il sapere mitico, semidivino, a volte infido, e la malascienza di strada, fallibile e a bassa frequenza.<br />A indurre Arianna a non rispondere a Jacopo &egrave; stata la dea Kore, figlia di Demetra, che concede al suo protetto il privilegio dell&rsquo;Ag&agrave;pe, l&rsquo;amore senza limiti. Kore smentisce l&rsquo;assioma leopardiano <i>Muor giovane colui ch&rsquo;al cielo &egrave; caro</i>, ripreso dal <i>caro agli d&egrave;i</i> di Menandro. Ci sono dei e dee, in cielo e sottoterra. Le dee del sottosuolo, infatti, allungano la vita di chi amano. Conviene? Jacopo lascia a met&agrave; un romanzo iniziato trentasette anni prima e raggiunge Kore nel suo regno.