Giorgio Ascarelli, il pap&agrave; del Napoli, aveva capito tutto: Napoli deve avere una sola squadra. Un popolo, una squadra. Semplice. Un&rsquo;intuizione geniale, perch&eacute; &egrave; proprio la gente partenopea ad aver creduto, cullato, sospinto la maglia azzurra nel sogno tricolore. Trentatr&eacute; anni dopo la seconda, la terza cometa tricolore si &egrave; fermata nel cielo di Napoli. Questa volta, per&ograve;, senza esplodere, perch&eacute; non &egrave; arrivata all&rsquo;improvviso: lo scudetto &egrave; stato annunciato, dopo tanto scetticismo iniziale, da filotti di vittorie e record. Un percorso pazzesco, &ldquo;miracoloso&rdquo; in Italia e in Europa come mai era accaduto nella storia del club. &Egrave; stato l&rsquo;anno del Napoli, dei suoi nuovi eroi. E di Napoli. Una citt&agrave;, una maglia, l&rsquo;eterno binomio rinnovato dal mantra di Masaniello Spalletti: &laquo;Si fa tutto per lei&raquo;. Diego Armando Maradona diceva: &laquo;Se non giochi nel Napoli e non conosci la pazzia della sua gente per la squadra, non puoi sapere cos&rsquo;&egrave; il calcio&raquo;. Un sentimento unico, viscerale, una passione bruciante che lega i (pochi) trionfi di ieri allo scudetto di oggi. Sempre sotto l&rsquo;ala di <i>Dios</i>.