<i>Un racconto che m &egrave; costato sangue, egli disse. Ogni parola, una goccia di sangue. Io lo guardai, con un moto istintivo di repugnanza; ed ebbi ancora la stessa penosa impressione di un&rsquo;ora prima; quando ci eravam messi a tavola, e Giuseppe era entrato ad accendere il gas. Allora m&rsquo;avevan colpito le occhiaie incavate e livide, e quello splendore insolito degli occhi che contrastava sinistramente col gran pallore del volto consunto e l&rsquo;aria stanca e sofferente. Io non osai parlare. E il silenzio acu&igrave; l&rsquo;oscuro senso di disagio a cui soggiacevo. Ma un minuto dopo entr&ograve; Giuseppe col caff&egrave;, e depose il vassoio dinanzi a lui. Poi ch&rsquo;egli stesso mi porse la tazza, m&rsquo;accorsi che la mano gli tremava. Anche notai, con inquietudine, ch&rsquo;egli chiese il cognac. Non ne prendi mai, gli dissi timidamente. Cos&rsquo;&egrave;? Una sciocchezza, rispose sorridendo, mentre avvicinava il bicchierino alle labbra. Appena Giuseppe fu uscito, gli feci: Cos&rsquo;hai? Egli rialz&ograve; la faccia su cui moriva l&rsquo;ultima traccia del sorriso; mi fiss&ograve; con quegli occhi che brillavano, e rispose: Voglio scacciar questo po&rsquo; di languore. Poi, avvedendosi forse del turbamento che mi teneva, soggiunse: Ti fo paura? Un poco fa mi son visto nello specchio, e mi son fatto paura a me stesso. Eppure non mi son mai sentito forte cos&igrave;! Queste parole mi agitarono. L&egrave;ggimi, gli dissi, il tuo racconto, se stasera non esci. Te lo leggerai tu domani. Perch&egrave; domani? feci io rabbrividendo. Egli abbozz&ograve; un sorriso. Allora dimmi il soggetto! incalzai. E lui: Abbi pazienza! Una notte &egrave; forse l&rsquo;eternit&agrave;? Deluso e costernato, io pensavo.</i>