La sospensione del tempo, che noi tutti abbiamo vissuto dalla primavera del 2020, &egrave; divenuta, attraverso la penna di Anna Maria Zanchetta, preziosa opportunit&agrave; di riflessione non solo intima, ma anche sociale, culturale e politica; la <i>prigionia</i> della clausura forzata si &egrave; trasformata in rara occasione per riappropriarsi, finalmente, di se stessi riscoprendo antichi insegnamenti e valori fondanti. Abolita la quotidiana frenesia, la dilatazione cronologica ha permesso di assaporare stagione e ambiente, silenzio e lentezza, memoria e solitudine. Il ritmo adagio apre cos&igrave; spazio agli affetti pi&ugrave; cari nei ricordi d&rsquo;infanzia, come gli gnocchi cucinati con la nonna o la Pasqua in famiglia. Lo sguardo al passato, alla guerra, alle restrizioni dei nostri vecchi ridimensiona, inoltre, le attuali difficolt&agrave; e paure. E ci consola.<br />La disincantata ironia sull&rsquo;<i>andr&agrave; tutto bene </i>si stempera nella commovente riflessione sulla fragilit&agrave; del povero, dell&rsquo;anziano e del disabile, ma anche di chi &ndash; per orgoglio, dignit&agrave; o disperazione &ndash; durante la chiusura si &egrave; tolto la vita. E proprio contro il rischio di solitudine, asocialit&agrave;, inerzia, sfiducia, depressione, paura e abbandono, la scrittrice sfodera una ventata di ottimismo fatto di programmi, progetti e buoni propositi, suggerendo altres&igrave; un curioso e intrigante <i>cassetto della memoria</i> dove conservare pensieri ed emozioni, timori e risate, presunte privazioni e favori ricevuti, valori e affetti, ovverosia ci&ograve; che nella vita rimane imprescindibile.<br />Riappropriarsi della propria umanit&agrave; e unicit&agrave; &egrave; l&rsquo;invito dell&rsquo;autrice, affinch&eacute; la sospensione temporale non sia vuota sincope musicale, bens&igrave; ritrovato senso del tempo che dia significato a un&rsquo;esistenza nella quale pregi e qualit&agrave; individuali si fanno prezioso dono.<br /><i>(dalla prefazione di Barbara Candeo)</i>