Nel 1924 lo scrittore americano Eugene O&rsquo;Neill definisce August Strindberg (1849-1912) &quot;il precursore della modernit&agrave; nel nostro odierno teatro&quot; e senz&rsquo;altro &quot;il pi&ugrave; moderno fra i moderni&quot;. &Egrave; indubbio che l&rsquo;autore svedese abbia ricevuto nel tempo sia il tributo degli espressionisti (che cadevano in una specie di &quot;estasi strindberghiana&quot;), sia di Franz Kafka (&quot;Non leggo Strindberg per leggerlo, ma per posare la testa sul suo petto&quot;), sia di Andr&eacute; Gide (che lo annoverava fra &quot;i personaggi eminenti dell&rsquo;umanit&agrave;&quot;) e che oggi si ponga all&rsquo;origine del teatro dell&rsquo;assurdo come delle correnti narrative pi&ugrave; sperimentali, per non parlare del suo determinante influsso sul cinema, in particolare quello di Ingmar Bergman, che l&rsquo;ha eletto &quot;compagno costante&quot; della sua arte.<br /><b>Il capro espiatorio</b> &egrave; l&#39;ultimo dei romanzi autobiografici di Strindberg, un gruppo che comprende Il figlio di un servo, che si occupa dell&#39;infanzia e dell&#39;adolescenza e lo sconvolgente Inferno, un resoconto dei suoi problemi coniugali e mentali. E&rsquo; stato composto poco prima del suo pi&ugrave; raffinato dramma espressionista, The Ghost Sonata, una fantasia simbolica con la quale, per sottolineare la straordinaria versatilit&agrave; di Strindberg, ha poco in comune. In effetti, sia nel genere che nello stile, Il capro espiatorio sembra pi&ugrave; vicino alla dolce ironia e all&rsquo;austero pathos di Gogol e al Diario di un uomo superfluo di Turgenev, oltre a trasmettere qualcosa del sapore naturalistico dei fratelli Goncourt, la vera influenza francese. Il protagonista, l&#39;amabile avvocato, Edvard Libotz, condannato a una vita di estraniamento e di stoica disperazione in un triste monticello di montagna, pu&ograve; essere considerato una proiezione del dilemma psicologico di Strindberg. Libotz &egrave; l&#39;anima schiacciata, il santo pazzo, odiato istintivamente dall&#39;arrogante materialista Askanius, l&#39;imbroglione Tjarne e da Karin, l&#39;incarnazione della doppia morale borghese. L&#39;impresa di Strindberg, in questo racconto, &egrave; piuttosto notevole, trascendendo gli elementi puramente personali, creando momenti di forte intensit&agrave; e pungente umorismo, una storia incredibilmente viva di frustrazione scritta in una prosa sorprendentemente fredda e minimalista.