<i>L&rsquo;ascensore si ferm&ograve; con un sussulto, dopo aver rallentato. Dentro la scatola di metallo e di legno lucenti si ebbe un attimo di attesa.<br />Il fattorino, efebico nella sua uniforme verde bottiglia a bottoni d&rsquo;argento, sorrideva.<br />Il commendatore aveva trattenuto il respiro e adesso ansava. Sempre le fermate a singhiozzo di quella macchina elettrica gli davano un colpo al cuore.<br />Si ebbe un altro scatto e lentamente la porta esterna e quella della scatola cominciarono a scorrere silenziose.<br />Era la liberazione. Il commendatore si lanci&ograve; fuori. I commessi balzarono in piedi e salutarono.<br />Sul marmo levigato dell&rsquo;anticamera monumentale e del corridoio interminabile, risuonarono i passi disordinati dell&rsquo;omaccione.<br />Forse superava il metro e ottanta di altezza ed era nel corpo armonico. Il che vuol dire che dava, subito a prima vista, l&rsquo;impressione d&rsquo;essere formidabile. Pi&ugrave; che robusto, per&ograve;, pesante.<br />Il rumore dei passi si ripercosse sino in fondo al corridoio. L&rsquo;ultima porta era la sua, di fronte.<br />L&rsquo;apr&igrave;, la richiuse, si trov&ograve; nel suo ufficio.<br />Un ufficio di direttore centrale, di un lusso marmoreo e imponente.</i>