<b>Here&rsquo;s to you Nicola and Bart&hellip;.</b><br />&ldquo;Non tenete celato il mio arresto. No, non tacete, io sono innocente e voi non dovete vergognarvi. Non tacete ma gridate dai tetti, a tutti, del delitto che si trama al mio danno [&hellip;] No, non tacere, che il silenzio sarebbe vergogna&rdquo;. Cos&igrave; Bartolomeo Vanzetti scriveva in una lettera al padre il primo ottobre del 1920, dal penitenziario di Charlestown nel Massachusetts.<br />Vanzetti, insieme Nicola Sacco, furono dichiarati colpevoli, senza prove, dell&rsquo;assassinio di due uomini durante una rapina nel 1920. Il verdetto &egrave; passato alla storia come un crimine giudiziario. Cinquant&rsquo;anni dopo la loro condanna a morte, l&rsquo;allora governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, poi candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti, riconobbe l&rsquo;errore giudiziario e riabilit&ograve; i due italiani.<br />Attorno alla vicenda dei due italiani si cre&ograve; una grande mobilitazione, ma nonostante tutto non ci fu nulla da fare: l&rsquo;ottusa macchina della giustizia americana fece il suo corso e Nicola e Bartolomeo furono condannati a morte tramite sedia elettrica.<br />A quasi un secolo di distanza, risuona ancora l&rsquo;eco delle parole di Bartolomeo Vanzetti che, con ammirevole speranza e determinazione, scriveva al padre, a Villafalletto, borgo rurale del Cuneese: &ldquo;Fatti coraggio dunque, s&icirc; ottimista. La giustizia bench&eacute; bandita e perseguitata ha sempre finito col trionfare, e finir&agrave; col trionfare anche questa volta&rdquo;. Cinquant&rsquo;anni dopo la sua morte, sarebbe stato vero, e quella loro lunga &ldquo;agonia divent&ograve; una vittoria&rdquo;.