Galileiano d&rsquo;alcova, sperimentatore per definizione, Casanova scrive&nbsp;in francese e pensa sia nella lingua di Ariosto sia in quella di Voltaire,&nbsp;ma in ogni piega del suo discorso c&rsquo;&egrave; infine il teatro. Egli &egrave; attore delle&nbsp;due commedie sia quella all&rsquo;improvviso sia di quella in cui la partitura&nbsp;&egrave; scritta giorno per giorno e poi di nuovo, alla fine della propria vita,&nbsp;con un talento felice e una dedizione allo scrittorio non inferiore a&nbsp;quella avuta per il tavolo da gioco. Monumentale e pluridialogica la&nbsp;sua <i>Histoire de ma vie </i>mette in relazione il modello umorale della <i>Vita</i>&nbsp;di Cellini con l&rsquo;ossessiva trasparenza promossa dalle <i>Confessions</i> di&nbsp;Rousseau.<br />Ora questo scrittore dal successo postumo, ma sempre pi&ugrave;&nbsp;accreditato, va finalmente interrogato dalla parte di lei, perch&eacute; l&rsquo;uomo&nbsp;sovrastato dai meriti del narratore possa finalmente riemergere con tutte&nbsp;le sue debolezze e risorse incontrando il lettore che ha cos&igrave; ben circuito,&nbsp;come un seduttore imperfetto ma tenace. Le lettere scritte a Casanova&nbsp;fanno tacere l&rsquo;avventato parere di chi ritiene che il rapporto con l&rsquo;altro&nbsp;sesso sia un&rsquo;arte di ovidiana sagacia e frivola compostezza e non quella&nbsp;pericolosa esperienza che &egrave; mescolare vita con l&rsquo;altrui vita. Cos&igrave; le donne&nbsp;di carta smetteranno di essere figurine di alcova per rientrare nella loro&nbsp;esistenza settecentesca, sfarzosa e precaria e, pi&ugrave; di ogni altra cosa, non&nbsp;arrendevole.