Se il titolo del libro vi pare provocatorio, beh, forse lo &egrave;. E forse no. L&rsquo;Occidente, infatti, ha spesso descritto il passaggio dalla vita alla morte come un interruttore che passa da &ldquo;acceso&rdquo; a &ldquo;spento&rdquo; appena il cuore smette di battere e un esame degli strati pi&ugrave; superficiali del cervello mostra che non vi &egrave; pi&ugrave; attivit&agrave;. Un attimo prima sei vivo, un attimo dopo sei morto. Ma queste due etichette sono incapaci di cogliere il complesso processo descritto da molte tradizioni tanatologiche planetarie, prima fra tutte quella tibetana, in cui l&rsquo;Autrice si &egrave; specializzata. Come nel tukdam, dove la vita nel corpo continua &ldquo;al minimo&rdquo; anche dopo la morte clinica&hellip; A seguito di un&rsquo;esistenza di pratica meditativa, la meditazione si prolunga durante il processo di morte e anche dopo: il corpo del &ldquo;defunto&rdquo; mostra allora una serie di segni del permanere della coscienza in esso, come assenza di rigidit&agrave; o di decomposizione anche a temperature ambientali elevate&hellip; Sapevate che un tukdam pu&ograve; sfociare nella riduzione parziale del corpo, che diventa non pi&ugrave; lungo di un avambraccio? E che il corpo pu&ograve; persino scomparire, lasciando sul posto solo unghie e capelli? Il tukdam, il corpo di arcobaleno e altri fenomeni ritenuti un tempo leggende sono oggi al vaglio della scienza. Che incomincia a dare ragione alla tradizione&hellip; Daniela Muggia ci conduce in questa esplorazione affascinante con un piede nella tradizione e uno nella scienza, secondo l&rsquo;approccio di indagine tanatologica che la distingue.<br /><br /><b>Daniela Muggia</b>, Premio Terzani 2008 per l&rsquo;umanizzazione della medicina, allieva diretta di Sogyal Rinpoche e Cesare Boni, ha messo a punto in pi&ugrave; di 20 anni di esperienza il Metodo di Accompagnamento Empatico della Fine della Vita (ECEL), oggi un Master dell&rsquo;Universit&agrave; Roma 3.&nbsp;