La vicenda si concentra in una settimana di fine estate 1931 in una landa di recente bonifica della Sardegna, dove sorge la citt&agrave; nuova di Mussolinia (oggi Arborea di Sardegna), abitata da famiglie poverissime e numerose, per lo pi&ugrave; venete, trapiantate per lavorare la terra dalla Societ&agrave; Bonifiche Sarde, con il benestare del regime fascista. Un luned&igrave; mattina, tra polvere e fichi d&rsquo;india, vengono trovati, morti ammazzati, due ragazzini: lei &egrave; veneta, lui &egrave; un pastore sardo di Terralba. Immediatamente il giovane parroco salesiano di Mussolinia, don Massimo, veneziano d&rsquo;origine, &egrave; coinvolto nelle indagini. Sulla scena si fanno avanti innumerevoli personaggi. Tutti, chi per un motivo chi per un altro, ostacolano il sacerdote che, con l&rsquo;aiuto del maresciallo dei carabinieri e del medico, vuole scoprire che cosa &egrave; accaduto. A complicare la situazione, arriva da Roma donna Erminia, moglie del presidente della Societ&agrave; Bonifiche Sarde, Manlio Dolce: ricca, viziata, spudorata, vede nel giovane sacerdote un balocco erotico, come i tanti amanti che ha avuto; un uomo da possedere a ogni costo, per il gusto di avere per s&eacute; qualcosa di vietato. Invece, seguendo il parroco nelle indagini, con lo scopo non tanto nascosto di circuirlo, a poco a poco qualcosa muta nel suo atteggiamento e sar&agrave; proprio lei la chiave di volta dell&rsquo;intera vicenda.<br />Tra colpi di scena, improbabili colpevoli e segreti inconfessabili, grava la presenza oppressiva di una citt&agrave;, Mussolinia, a cui, per contratto, si deve ubbidienza, sudore della fronte e soprattutto una moralit&agrave; ineccepibile. Mussolinia &egrave; una colonia di lavoro: non c&rsquo;&egrave; spazio per l&rsquo;amore o la passione; la citt&agrave; il cui nome &egrave; stato cancellato nel 1944 per decreto regio dai documenti, dalle mappe, dai libri, dalla storia e dalla memoria &egrave; la vera protagonista del giallo.