<i>Luciano Marnieri era un uomo di et&agrave; matura. La sua persona ancora svelta e vigorosa, il suo sguardo talvolta animato da un raggio di vivacit&agrave; giovanile, avrebbero potuto far credere che egli era pi&ugrave; giovane di quanto realmente fosse, se il contegno per abitudine calmo, riservato, l&rsquo;espressione del volto quasi sempre concentrato e severo e le rughe precoci che solcavano la sua fronte, non avessero ristabilito l&rsquo;equilibrio nel giudizio di colui che avesse voluto dal suo aspetto indovinarne l&rsquo;et&agrave;.<br />Marnieri aveva quarantacinque anni. Tutti lo sapevano, n&egrave; lui si curava di nasconderli; coloro poi che non l&rsquo;avessero saputo, forse gliene davano di pi&ugrave;, ma pochi erano quelli, che abituati ad osservare le altrui fisionomie non avessero scorto in questa dei contrasti insoliti e nuovi. Molti immaginarono che egli avesse pagato un largo tributo alle passioni della giovinezza e che, dopo avere lungamente lottato in alto mare coi venti e le tempeste, si fosse ora ridotto nella pace e la sicurezza del porto; ma coloro s&rsquo;ingannavano. L&rsquo;aspetto stanco e severo di Marnieri rivelava bens&igrave; dei lunghi patimenti, ma anche dell&rsquo;energia nel patire, di quell&rsquo;energia che non s&rsquo;accresce, ma piuttosto dilegua nelle bufere giovanili. E lui aveva domato, vinto tutto intorno a s&egrave; e in s&egrave;. Aveva tracciato il limite alla sua volont&agrave;, ai suoi desiderii, al suo cuore; aveva fatto un colpo di Stato in favore del dispotismo e della legittimit&agrave;, negli anni in cui tutti votano per la ribellione e la libert&agrave;, e nel governo di se stesso aveva eletta sovrana la fredda intelligenza.</i>