Il cappello del prete, oltre ad essere tuttora un testo godibile e intrigante, ha il merito di aver dato vita in Italia al poliziesco, genere letterario prima di allora estraneo alla nostra tradizione. L&#39;intreccio &egrave; quello tipico dei gialli: c&#39;&egrave; un movente (in questo caso di natura economica), un assassinio e un&#39;indagine. La vicenda ha per sfondo Napoli e il suo mondo variopinto e popolare, che qui per&ograve; non diventa mai da cartolina. L&#39;autore segue e tratteggia il destino dei suoi personaggi con distacco e stile realistico. A tratti per&ograve;, specialmente nel finale, l&#39;analisi psicologica diventa centrale e le descrizioni lasciano spazio ad alcuni monologhi veramente toccanti e simili a veri e propri flussi di coscienza. I protagonisti principali della vicenda sono: il barone Carlo Coriolano di Santafusca, uomo dal carattere controverso e ambiguo, Padre Cirillo (u prevete), atipica figura di prete interessato pi&ugrave; alla ricchezza che alla vita contemplativa, e da ultimo lo stesso cappello del titolo. Pubblicato dapprima a puntate sul quotidiano &ldquo;L&#39;Italia del Popolo&rdquo; esce in volume nel 1888, riscuotendo da subito un enorme successo. Il libro viene in seguito tradotto in diverse lingue. L&#39;opera &egrave; stata trasposta al cinema nel 1943 con la regia di Ferdinando Maria Poggioli e in televisione nel 1970 sotto la direzione di Sandro Bolchi.<br /><br /><br />Emilio De Marchi nasce a Milano il 31 luglio 1851. Autore atipico nel panorama delle nostra letteratura, con romanzi come Demetrio Pianelli (1890) e Giacomo l&#39;idealista (1897) ha saputo con maestria descrivere la nuova societ&agrave;, impiegatizia e piccolo-borghese, venutasi a formare all&#39;indomani dell&#39;Unit&agrave; d&#39;Italia. Muore a Milano il 6 febbraio 1901.