Ci sono almeno due frasi che un giornalista alle prime armi si sente ricordare dai superiori: &laquo;Il tempo &egrave; tiranno&raquo; &egrave; la prima; &laquo;Chiudere!&raquo;, pronunciata con voce stentorea, &egrave; la seconda e si riferisce alla necessit&agrave; di sbrigarsi in tipografia con le pagine. Entrambe diventano un inseparabile e martellante compagno di viaggio anche in occasione dei servizi in esterno, per raccontare partite e altri eventi dello sport.<br />Spesso &egrave; infatti necessario prevenire e arginare le insidie del fattore-tempo: &egrave; cos&igrave; che nascono i cosiddetti &ldquo;articoli di copertura&rdquo;, testi che descrivono possibili varianti di uno scenario e di un risultato. Il lavoro &egrave; un po&rsquo; schizofrenico &ndash; si deve scrivere tutto e il suo contrario, non raramente in pi&ugrave; versioni &ndash; ma &egrave; necessario.<br />Nasce da qui Tonfi e trionfi, titolo che riassume l&rsquo;aspettativa di un atleta per un risultato o, all&rsquo;opposto, la delusione per una vittoria sfumata. Grazie a una rivisitazione dei file archiviati nel suo computer portatile, Flavio Vanetti ha scoperto che &egrave; possibile narrare lo sport cos&igrave; come non &egrave; stato. Ecco allora Fernando Alonso campione con la Ferrari; Alberto Tomba olimpionico anche a Nagano 1998; Giorgio Rocca che a Torino 2006 non casca dopo pochi secondi ma vince l&rsquo;oro dello slalom; gli All Blacks che conquistano nel 1995 la Coppa del Mondo di rugby al posto degli Springboks sudafricani.<br />Le storie proposte sono sedici: erano l&igrave;, gi&agrave; scritte e pronte, ma non hanno mai visto la luce. Dare finalmente alle stampe questi articoli &egrave; stato un modo per rivisitare una vita da giornalista, ma anche e soprattutto per azionare una magica sliding door e porre una domanda: lo sport mai raccontato sarebbe stato pi&ugrave; intrigante di quello che &egrave; stato celebrato?