L&rsquo;erudito e libero muratore veneziano Francesco Algarotti, genio polisemico e cosmopolita del XVIII&deg; secolo, oltre ad aver dato prova di essere filosofo e scienziato innovativo, rest&ograve; fondamentalmente un grande letterato. Un carattere questo che lo accosta, nonostante le vaste e varie esperienze culturali, pi&ugrave; agli scrittori d&rsquo;Arcadia che agli illuministi del suo tempo e che fa s&igrave; che la sua maggiore originalit&agrave; si riconosca tuttora negli scritti in cui con abito e metodo di critico letterario, che sapeva assumere anche vedute di storico del costume, egli affronta questioni di letteratura traendo profitto, oltre che dal generico clima razionalistico e classicheggiante del tempo, dalla buona conoscenza degli scrittori e dei critici inglesi e francesi. Merita perci&ograve; in quest&rsquo;ottica particolare attenzione il <i>Saggio sopra la lingua francese</i>, scritto a Berlino nel 1750 e dedicato al Marchese Scipione Maffei, per la chiarezza con la quale vi &egrave; fissata la diversa storia delle lingue Italiana e Francese ed &egrave; spiegata la diversa funzione dell&rsquo;Accademia Francese e dell&rsquo;Accademia della Crusca in fatto di lingua.<br />Con saggio introduttivo di Nicola Bizzi.