I penultimi non sono gli ultimi. I penultimi possono ancora trovare ci&ograve; che resta della civilt&agrave; occidentale, delle sue idealit&agrave;: la comunanza, la commozione, la morbidezza di ci&ograve; che &egrave; sensuale, corporeo, vitale. Possono ancora concepire la speranza del cambiamento. Il mondo che emerge non &egrave; pi&ugrave; quello dell&rsquo;alienazione operaia ma quello dell&rsquo;apartheid prodotta dalle nuove oligarchie finanziarie. La societ&agrave; tende a dividersi in caste non pi&ugrave; in classi come nel 900, le persone, sempre in movimento pendolare, restano immobili, l&rsquo;Occidente sembra tutto retrodato a vecchio regime, a prima della rivoluzione borghese, &egrave; un mondo neofeudale, appunto. Di questo mondo Forlani dice con tenerezza e crudelt&agrave;.<br /><br />NOTA CRITICA&nbsp;di&nbsp;Biagio Cepollaro<br />Con questi testi che sono insieme contesti ed extratesti, sono parole, immagini, riferimenti precisi al mondo concreto, oggettuale, quotidiano, platealmente condiviso, indiscutibilmente luogo comune, comunanza , Francesco Forlani ci regala un risultato, non una ricerca intellettualistica, manieristica e vana.<br />Il risultato &egrave; il punto di vista, &ldquo;dal basso&rdquo;, che confligge o si sposa con lo stile che &egrave; medio ma anche alto, lirico. Il male non viene urlato perch&eacute; dirlo e dirlo nello stile del male, vuol dire restare invischiati e complici.<br />Nelle ore in cui soltanto i topi<br />la fanno da padrona<br />e l&rsquo;eco dei passi non li sveglia<br />n&eacute; li fa fuggire dalle feritoie<br />che accolgono l&rsquo;asfalto delle strade<br />s&rsquo;ode dei matti l&rsquo;orazione<br />alle stelle ormai scappate via<br />una nenia che &egrave; una forma di preghiera<br />una ninna-nanna al cuore che protegge<br />il sonno in quell&rsquo;ora presta dei piccini<br />disseminati nei palazzi tutti intorno<br />cullati da lucine di notte disposte dalle madri<br />ma sono loro, i matti, che sorvegliano i sogni.