Fin dal suo concepimento il mito di Achille si caratterizza per essere destinato a diventare archetipico dell&rsquo;eroe: cos&igrave; appare nei primi versi dell&rsquo;<i>Iliade</i>, cos&igrave; viene poi percepito e tramandato da gran parte della letteratura e della filosofia successiva. Tutte le storie e le vicende del pi&ugrave; grande e famoso eroe della Grecia antica qui rivivono per la prima volta raccolte insieme in un saggio che sembra un romanzo, ma si fonda invece su una massima fedelt&agrave; alle fonti letterarie greco-romane. L&rsquo;autore esperimenta un nuovo modo di raccontare il Mito tramite un linguaggio veloce, evocativo, intenso, che intreccia in una fitta foresta di rimandi il racconto di Achille. L&rsquo;eroe greco appare allora come una figura giovanissima, un fanciullo mai cresciuto, un personaggio vivo, senza tempo, ricco di una selvaggia e antichissima sapienza. Un eroe paradossale, sempre inattuale, fatale, gi&agrave; quasi nichilista e proprio per questo a noi vicino, come fosse un amico, un parente, una forza della natura. L&rsquo;intera antichit&agrave; e tutto il Mito greco vengono quindi riletti da Prati alla luce di Achille, il quale assume cos&igrave; una posizione universale e centrale nella storia ideale e culturale di quello strano mistero chiamato &ldquo;Uomo&rdquo;. Dall&rsquo;Achille di Omero all&rsquo;Achille di Carmelo Bene, cio&egrave; fino alla nostra contemporaneit&agrave; colta nei suoi aspetti lirici e tragici.<br /><br /><b>Giacomo Maria Prati&nbsp;</b> (Tortona, 1971), curatore d&rsquo;arte, saggista, autore, iconologo, mitografo esordisce come scrittore nel 2013 con una nuova traduzione dell&rsquo;Apocalisse di Giovanni. Tra le sue ultime opere: <i>Essere Carmelo Bene</i>.<br />