Chi &egrave; convinto (e sono in molti) che in Italia la fantascienza abbia avuto inizio solamente a partire dalla met&agrave; degli anni Cinquanta, si dovr&agrave; ricredere leggendo I ciechi e le stelle di Giorgio Cicogna, pubblicato nel 1931. Le novelle che compongono questa interessante raccolta, pervase di fervore scientifico, hanno il grande merito di gettare un ponte fra due realt&agrave; fino a quel momento, almeno nel nostro Paese, distanti fra loro: scienza e letteratura. Gi&agrave; i titoli di questi brevi scritti con i loro strani nomi (L&#39;Ovigdoi, Quen-L&igrave;), ci introducono in un mondo affascinante e misterioso. All&#39;uscita l&#39;opera venne accolta con favore da pubblico e critica. Cicogna pu&ograve; dunque a ragione essere considerato uno dei padri, ingiustamente dimenticati, del racconto scientifico e della fantascienza italiani. Un pioniere della cosiddetta science-fiction, oggi tanto di moda.<br /><br /><br />Giorgio Cicogna nasce a Venezia il 19 marzo 1899. Con il suo impegno, sia nell&rsquo;attivit&agrave; umanistica che in quella tecnico-scientifica, pu&ograve; essere a ragione considerato il primo esempio di scrittore-scienziato italiano. Appartenente a un&rsquo;antica famiglia veneziana, che annovera fra i suoi avi persino un doge, presta a lungo servizio nella marina regia per uscirne con il grado di ufficiale. Inventore dell&rsquo;idrofono, strumento per individuare i sottomarini, ci ha lasciato sia componimenti poetici che in prosa. Muore a Torino, in seguito a un&rsquo;esplosione accidentale, il 3 agosto 1932.