Giulia Quintavalle &egrave; una grande campionessa. Di Judo, di costanza, di tenacia, di umilt&agrave;.<br />Prima judoka italiana ad aver vinto la medaglia d&rsquo;oro alle Olimpiadi (Pechino 2008), si segnal&ograve; per caparbiet&agrave; e capacit&agrave; di sacrificio, resistendo a un infortunio al gomito che rischi&ograve; di far svanire una vittoria pi&ugrave; che meritata. E per la sua arguzia e la freschezza quando, dopo la vittoria, si fece sfuggire una frase ormai leggendaria: &ldquo;Da oggi chiamatemi pure Prima-valle&rdquo;, in contrapposizione, ironica e pungente, al suo cognome.<br />Certo, la vittoria olimpica &egrave; sempre &ldquo;pesante&rdquo; da digerire, e da gestire: aspettative, richieste, pressioni. Sensazioni a volte positive, altre negative e quasi opprimenti. Eppure Giulia, che ha la testa sulle spalle e i piedi per terra, ha continuato a lottare sui tatami di tutto il mondo, anche dopo essere diventata mamma.<br />La Signora del Judo qui si racconta, da bambina fino al trionfo olimpico e oltre: Giulia ha ancora voglia di lottare e di stupire. E lo sa fare anche con le parole!<br />&ldquo;Il Judo &egrave; uno sport e una disciplina che, se insegnata correttamente e con i giusti maestri, ti permette di diventare un uomo e una donna migliore. Spero possa accadere per mio figlio, come &egrave; stato per la mia amica Giulia Quintavalle&rdquo;. (Jury Chechi)<br />&ldquo;La tenacia e la costanza di Giulia sono assolutamente proverbiali!&rdquo;. (Antonio Rossi)<br />&ldquo;La prima cosa che ho imparato dal mio sport &egrave; cadere, ma soprattutto ho capito il significato di rialzarsi ogni volta, di vedere in chi ti ha fatto cadere la tua forza a migliorarti, cogliendone le strategie, adattandosi alle sue mosse come fa il salice quando, carico di neve, invece di resistere flette i suoi rami finch&eacute; il peso scivola via e l&rsquo;albero pu&ograve; di nuovo allungarsi. &Egrave; una calma profonda quella che sono riuscita a costruire dentro di me in questi anni; con tanta pratica e umilt&agrave; ho imparato a sviluppare sempre di pi&ugrave; il rispetto per l&rsquo;avversario e per l&rsquo;arbitro, accettando ogni volta la sconfitta con un inchino&rdquo;. (Giulia Quintavalle)