&quot;La vita di Filippo Rub&egrave; prima dei trent&rsquo;anni non era stata apparentemente diversa da quella di tanti giovani provinciali che calano a Roma con una laurea in legge, un baule di legno e alcune lettere di presentazione a deputati e uomini d&rsquo;affari. Veramente egli aveva portato qualcos&rsquo;altro del suo, segnatamente una logica da spaccare il capello in quattro, un fuoco oratorio che consumava l&rsquo;argomentazione avversaria fino all&rsquo;osso e una certa fiducia d&rsquo;essere capace di grandi cose, postagli in cuore dal padre; il quale era segretario comunale a Calinni, e, conoscendo bene l&rsquo;Eneide in latino e la vita di Napoleone in francese, giudicava che tutti, a cominciare da se medesimo, fossero intrusi in questo mondo fuorch&eacute; i geni e gli eroi. Ma l&rsquo;essersi messo nello studio dell&rsquo;onorevole Taramanna gli aveva pi&uacute; nociuto che giovato, tanta era l&rsquo;oppressione di quell&rsquo;uomo massiccio tutto scuro che lo soverchiava dalla spalla e gli toglieva il sole.&quot;<br /><br /><b>Rub&egrave;</b>, <b>Giuseppe Antonio Borgese</b>.&nbsp;<br /><br /><b>Giuseppe Antonio Borgese</b> (Polizzi Generosa, 12 novembre 1882 &ndash; Fiesole, 4 dicembre 1952) &egrave; stato un germanista, giornalista, critico letterario, poeta e drammaturgo italiano naturalizzato statunitense.