A un anno dall&rsquo;improvvisa scomparsa del Professor Giuseppe Dalla Torre, non pochi hanno ripercorso i suoi prestigiosi incarichi nell&rsquo;Universit&agrave;, nella comunit&agrave; accademica italiana e internazionale, nella Curia romana e nello Stato della Citt&agrave; del Vaticano, e ne hanno ricordato le qualit&agrave; intellettuali e umane nonch&eacute; la sterminata produzione scientifica. C&rsquo;&egrave; tuttavia un profilo della sua versatile personalit&agrave; che forse &egrave; rimasto in ombra: quello legato alla sua attivit&agrave; giornalistica, invero assai protratta e fertilissima.<br />Probabilmente a causa del pregiudizio per il quale scrivere sui giornali o interfacciarsi con i mass media, per l&rsquo;approccio pi&ugrave; semplice e divulgativo con cui le materie vengono affrontate, rientri in una sorta di dimessa &lsquo;arte minore&rsquo; cui i docenti si dedicano a tempo perso: quasi un leggero diversivo rispetto alla pi&ugrave; scrupolosa e severa stesura di testi rigorosamente scientifici. Per converso Giuseppe Dalla Torre, sin dalla giovinezza, mai ha disdegnato di applicarsi all&rsquo;elaborazione di articoli giornalistici, in particolare per il quotidiano Avvenire: scendendo dalla cattedra universitaria e rivolgendosi con immediatezza al lettore della testata di ispirazione cattolica, per illustrare, con linearit&agrave; logica e chiarezza concettuale, l&rsquo;autentica sostanza dei problemi trattati in tutti i loro risvolti, specie giuridici, pi&ugrave; controversi. Attraverso la lettura di questi articoli su argomenti quanto mai eterogenei - sintetici e quasi lapidari, come postulato dal genere letterario - emerge l&rsquo;avvincente itinerario ultratrentennale della vivace militanza, nella compagine ecclesiale e nella societ&agrave; civile, di un giurista cattolico che non ha mai, anche nelle condizioni di pi&ugrave; aspro scontro su differenti fronti, abdicato al suo munus - diremmo canonisticamente - genuinamente laicale di animazione cristiana delle realt&agrave; temporali, secondo il magistero pi&ugrave; vivido del Vaticano II. Il volume, riproponendo molti di tali interventi e corredandoli di brevi analisi di suoi allievi, diretti e indiretti, auspica di dar conto di questo aspetto sinora poco indagato, e invece cos&igrave; pregnante, della sua opera.<br /><b><i>A cura di Geraldina Boni</i></b>