Il libro &egrave; costituito da due preziose interviste di Giovanni Sias a Giuseppe Pontiggia, rimaste finora inedite. La prima, &ldquo;Sulla scrittura, il romanzo, la psicanalisi&rdquo; (1989), doveva essere pubblicata sulla rivista mantovana &laquo;La Corte&raquo; di Alessandro Gennari; la seconda, &ldquo;Imparare a scrivere: sui corsi di scrittura&rdquo; (1992), tenuti da Pontiggia per molti anni al Teatro Verdi di Milano, era destinata al quotidiano &laquo;la Repubblica&raquo;.<br />Con un linguaggio colloquiale ma raffinato e straordinariamente preciso (era un grande estimatore della retorica), Pontiggia parla della costruzione dei suoi romanzi e dei loro personaggi, della scrittura come un procedere verso la scoperta di un pensiero sconosciuto all&rsquo;autore (e non come mera espressione di un pensiero preesistente), della sua insofferenza per i clich&eacute; di un certo linguaggio giornalistico e letterario. Ma soprattutto, pungolato dal suo intervistatore, parla della psicanalisi, del suo amore iniziale per i testi di Freud e Ferenczi, ma anche della sua delusione nel vederla trasformata dagli epigoni in un metodo d&rsquo;interpretazione simbolica e ridotta a cura di presunte malattie.<br />Il libro, prefato da Daniela Marcheschi, &egrave; completato da un corposo e &ldquo;dovuto&rdquo; omaggio di Sias all&rsquo;amico e maestro. Tirando i fili sottili dell&rsquo;insegnamento di una vita, Sias trasforma le due interviste rimaste nel cassetto per trent&rsquo;anni in un vero e proprio <i>dialogo </i>al presente (e col presente), un presente segnato dall&rsquo;<i>assenza</i> di Pontiggia &ndash; &ldquo;scrittore sapienziale&rdquo; &ndash;: non melanconica ma fertile e feconda, assenza che &egrave; la cifra dei suoi romanzi.