A differenza di quanto afferma Agamben, per Miguel Mellino il paradigma biopolitico nascosto della modernit&agrave; non &egrave; il campo di concentramento ma la colonia.<br /><i>Mattatoio</i>, terzo di quattro studi sul corpo (dopo <i>Conserve</i> e <i>Bolo e Bezoario</i>, Polimnia Digital Editions, 2020 e 2021)<i> </i>prova imprudentemente ad affiancargli il circo. In fondo si tratta di delimitare uno spazio, montare delle strutture pi&ugrave; o meno stabili e sostare in un continuo gioco di rispecchiamento e differenziazione, di inclusione ed esclusione. <i>Mattatoio</i> indaga il corpo messo in esposizione, chiuso in una cornice. Ne segue le forme e i contorni, si sofferma sulle istantanee che lo ritraggono esposto negli zoo umani e nei <i>freak show</i>, rinchiuso nei campi e sezionato nella <i>morgue</i>. Come un catalogo turistico o il d&eacute;pliant di una fiera, illustra ed elenca la variet&agrave; della mercanzia: corpi deformi, piegati, sottomessi, eroici, segnati. &Egrave; un lungo viaggio che ci porta dalle fogne di Parigi, passando per il freddo lettino di un obitorio, fino ad un volo <i>low cost</i> proiettato verso l&rsquo;esotismo estremo di una bidonville metropolitana.<br />&nbsp;