Cinquant’anni fa, l’8 ottobre 1967, Ernesto Che Guevara fu catturato in Bolivia. Il giorno dopo, per disposto del presidente della Bolivia, fu passato per le armi a La Higuera, un villaggio di 20 case nel dipartimento di Santa Cruz. Ucciderlo sembrava il modo più semplice per liberarsi della sua presenza, e invece nacque il mito più potente del XX secolo.<br />Ferito, con i vestiti laceri, allo stremo delle forze, il Che era stato abbandonato da tutti, anche dalla cosa che non l’aveva mai lasciato, la speranza. “È finita!”, esclamò appena identificato da Gary Prado Salmón, l’ufficiale boliviano che lo aveva pre in custodia.<br />Ed è proprio Prado ad aprire questo libro, raccontando l’ultimo giorno di vita del comandante. A seguire, il discorso di commemorazione di Fidel Castro tenuto a L’Avana in Plaza de la Revolución il 18 ottobre 1967. Un discorso memorabile, ma Fidel e la sua Cuba avevano da tempo abbandonato il Che.<br />Il libro si chiude con gli scritti teorici più importanti del Guevara. Il primo riguarda la guerra di guerriglia; il secondo l’essenza, la strategia e la tattica della lotta guerrigliera.<br />Lo scrittore inglese John Berger ha scritto che l’immagine del Che morto rimanda in maniera inspiegabile al Cristo morto del Mantegna conservato Pinacoteca di Brera a Milano. È forse in questa “inspiegabile” somiglianza che risiede il segreto del mito del Che.