Quando scrivo divento la narratrice e la scrittrice della mia realt&agrave;, l&rsquo;autrice e l&rsquo;autorit&agrave; della mia stessa storia. In questo senso, divengo la contrapposizione assoluta di ci&ograve; che il progetto coloniale ha predefinito&rdquo;.&nbsp;<b><i>Memorie della piantagione</i></b>&nbsp;&egrave; l&rsquo;opera cardine di&nbsp;<b>Grada Kilomba</b>, artista interdisciplinare che, sovvertendo i canoni delle pratiche artistiche, affronta il razzismo e le forme di decolonizzazione del sapere, concentrandosi su elementi come&nbsp;<b>memoria</b>,&nbsp;<b>trauma</b>,&nbsp;<b>genere</b>. In questo testo emerge la realt&agrave; psicologica del razzismo quotidiano, vissuto in particolare dalle donne Nere e basato sulle impressioni soggettive, le auto-percezioni e le narrazioni biografiche. La combinazione delle parole &ldquo;piantagione&rdquo; e &ldquo;memorie&rdquo; descrive il razzismo come realt&agrave; traumatica e posiziona l? soggett? Ner? in una scena coloniale dove, tutt&rsquo;a un tratto, il passato viene a coincidere con il presente e il presente &egrave; esperito come se ci si trovasse ancora in quel passato straziante. Ma a cui &egrave; possibile rispondere, con un processo di decolonizzazione del s&eacute;. Un libro fondamentale, attraverso cui Grada Kilomba crea uno spazio di resistenza e speranza, una nuova geografia del futuro.<br />Grazie alla traduzione di quest&rsquo;opera, Capovolte introduce nelle sue pubblicazioni l&rsquo;utilizzo della&nbsp;<b>lettera ?</b>, con l&rsquo;obiettivo di andare alla ricerca di un<b>&nbsp;linguaggio pi&ugrave; inclusivo</b>.<br /><br />Traduzione di&nbsp;<b>Mackda Ghebremariam Tesfa&ugrave;</b>&nbsp;e&nbsp;<b>Marie Mo&iuml;se</b><br />Traduzione dell&rsquo;introduzione dal portoghese di&nbsp;<b>Silvia Stefani</b>