Ormai da molti anni Teresa ha lasciato il suo paese di origine, la Polonia, per trasferirsi a Milano. Nel chiassoso e caotico capoluogo lombardo non le &egrave; stato facile adattarsi ad abitudini diverse, superare la nostalgia per la famiglia. Poi, l&rsquo;incontro con Fausto, medico in pensione, deciso a tornare nella sua Sardegna. Teresa lo segue senza rimpianti e nel pittoresco paesino sardo, non lontano dal capoluogo dell&rsquo;isola, dove si stabiliscono trova finalmente una sua dimensione sia sentimentale sia professionale. Don Carlo, un amico di infanzia del marito, la convince a svolgere la sua attivit&agrave; di psicologa, presso la comunit&agrave; InVita, che il sacerdote ha creato e dirige. Una sorta di centro di accoglienza per ragazzi, alcuni da poco usciti dalla tossicodipendenza e troppo deboli per affrontare da soli la vita, altri inviati dai tribunali, altri ancora stranieri provenienti dall&rsquo;Africa all&rsquo;Europa dell&rsquo;Est, con alle spalle esperienze disgraziate nonostante la giovanissima et&agrave;.<br />Un giorno arriva in comunit&agrave; una giovane russa, Irina, accusata di omicidio e in attesa di processo. Tra le due donne scatta subito una evidente sintonia. A vederle mentre passeggiano nel giardino all&rsquo;ombra di tre magnolie, paiono madre e figlia o due sorelle. Le accomuna la provenienza dalla stessa parte del mondo e l&rsquo;amore per l&rsquo;arte. Irina parla della sua fede ritrovata e di una violenza subita; Teresa &egrave; un&rsquo;ascoltatrice paziente e comprensiva. Nel tentativo di ricostruire l&rsquo;evento delittuoso, di cui la giovane pare non avere memoria, Teresa inizia a riflettere sul passare del tempo, sull&rsquo;invecchiamento e la morte. Finch&eacute; a un certo punto, i ruoli di psicologa e di assistita si confondono, cos&igrave; come si alternano i ruoli di vittime e colpevoli.