Il&nbsp;<i>Trattato della peste</i>&nbsp;(1714) &egrave; l&rsquo;opera di Muratori che ha conosciuto pi&ugrave; edizioni, fino agli anni Trenta del XIX secolo. Da allora in poi non ha pi&ugrave; circolato in forma integrale. Qui &egrave; presentata a partire dalla seconda edizione (Modena, 1722), curata dallo stesso Muratori.<br />Il libro &egrave; uno spaccato di vita sociale di&nbsp;<i>Ancien r&eacute;gime</i>, un esempio impressionante di aggiornata erudizione medica, una gustosa raccolta di ricette e di pratiche antipestilenziali, una ricca esposizione di problemi di diritto canonico. Ma soprattutto &egrave; esempio di un approccio alla politica operoso, sobrio e pratico, che fonda la propria razionalit&agrave; sul concorde governo sia civile sia ecclesiastico dei corpi individuali e collettivi di una societ&agrave; storicamente e concretamente strutturata, sostenuta nel proprio ordine tanto dal Principe e dai suoi magistrati, quanto da Dio e dalla Gerarchia.<br />La peste &egrave; quindi il rovescio dell&rsquo;ordine civile, il contrario della pubblica felicit&agrave;, ma non &egrave; la verit&agrave; ultima delle cose umane. Non ci sono in Muratori&nbsp; n&eacute; il nichilismo barocco n&eacute; l&rsquo;ottimismo illuministico: la peste non &egrave; un&rsquo;eccezione dissolvitrice ma un&rsquo;emergenza, un triste accadimento possibile, a cui far fronte con la scienza, con la prudenza civile, col coraggio, con la fede, e con tecniche che nella loro praticit&agrave; organizzativa e psicologica ricordano da vicino le nostre recenti esperienze.