Primi anni Novanta. Un colossale furto di risorse&nbsp;riservate sconvolge il Pds milanese, erede della&nbsp;tradizione comunista e sempre pi&ugrave; in affanno.<br />L&rsquo;ingegner Mario Cavenaghi, ex presidente dei&nbsp;probiviri lombardi del Pci (che oltre alla correttezza&nbsp;etica sorvegliavano interessi strategici del partito)&nbsp;torna dall&rsquo;autoesilio svizzero per individuare&nbsp;i colpevoli. A copertura di quest&rsquo;indagine da non&nbsp;rivelare, dovr&agrave; stendere un rapporto sull&rsquo;opinione&nbsp;pubblica milanese. E quest&rsquo;ultimo compito, paradossalmente,&nbsp;finir&agrave; per essere il pi&ugrave; ossessionante&nbsp;e impegnativo.<br />Per scovare i ladri e allo stesso tempo comprendere&nbsp;che cosa avviene nel luogo dove &egrave; cresciuto e&nbsp;che ha intensamente amato, s&rsquo;immerge nei gironi&nbsp;dell&rsquo;inferno ambrosiano. Incontra, per due settimane,&nbsp;operai e femministe, studenti e banchieri,&nbsp;socialisti e cattolici, giornalisti e rifondaroli, avvocati&nbsp;e magistrati, partigiani e manager, grandi&nbsp;dame e vecchi saggi. Legge una citt&agrave; travolta da feroci&nbsp;inchieste giudiziarie sulla corruzione, sperduta&nbsp;tra indignazione e paura per la rottura di equilibri&nbsp;che ne hanno a lungo garantito progresso e&nbsp;libert&agrave;.<br />&Egrave; questa la citt&agrave; che Cavenaghi osserva e&nbsp;descrive in modo passionalmente puntuale.<br />La storia che sempre colpisce due volte, gli esiti di&nbsp;una Guerra finita e il tradimento che, come diceva&nbsp;Talleyrand, &egrave; al fondo questione di tempi, gli daranno&nbsp;la chiave per svelare chi ha rubato. Pi&ugrave; difficile&nbsp;sar&agrave; trovare la risposta su quel che attende, nelfuturo, Milano.