&ldquo;La scrittura acre e tosta di Leone manda di morte e polvere da sparo e ci indirizza verso un&rsquo;Ade balcanica senza ritorno e senza via d&rsquo;uscita, ove la cartolina ridente della Bosnia Erzegovina e della pittoresca Sarajevo si scolora, accartoccia, annerisce, come buttata nelle braci ardenti del camino della Storia recente, per poi divenire velina nera e negativo evanescente che scompare in cenere&rdquo;. (Silvio Ziliotto)<br />I bastardi di Sarajevo ringhiano forte, sia nel presente che nei ricordi del passato dei protagonisti del libro. C&rsquo;&egrave; la crudelt&agrave; e la spregiudicatezza dei carnefici e la sofferenza taciuta delle vittime, soprattutto donne. La voglia di rivoluzione dei giovani e la saggezza rassegnata e ironica di un Professore. La brama sanguinaria di certi turisti e la ricerca di redenzione da parte di chi &ndash; come molti di noi &ndash; ha guardato da spettatore la guerra e non ha fatto ci&ograve; che doveva. I personaggi sfilano davanti al lettore sul palcoscenico decadente di una Sarajevo dai mille angoli bui, con l&rsquo;autore che tesse una trama perfetta e avvincente fatta di soli dialoghi. Il teatro dei bastardi di Sarajevo non ha ancora calato il sipario.<br />&ldquo;Non &egrave; un giallo, quello di Luca Leone. Il colore dominante de I bastardi di Sarajevo &egrave; il nero: non solo come genere letterario noir, quanto soprattutto come colore dell&rsquo;umore del presente e prospettiva del futuro. La Sarajevo che Leone descrive &egrave; una Sarajevo ancora sotto assedio&rdquo;. (Riccardo Noury)<br />&ldquo;Al termine della lettura di questo libro, resta ancora uno spiraglio di luce per la disgraziata umanit&agrave; bosniaca che, comunque, continua a resistere&rdquo;. (Eldina Pleho)