Etere. Un termine avvolto da sempre dal mistero profondo della creazione e che ha assunto, nel corso della storia, una moltitudine di significati. Aristotele vide in esso quella quintessenza immutabile ed eterna del mondo celeste, dell&rsquo;universo e quindi del cosmo. Filosofi come Plotino lo identificavano come &ldquo;l&rsquo;anima del mondo&rdquo; da cui si &egrave; generata la vita. Ancora, per gli alchimisti, esso era l&rsquo;essenza stessa della pietra filosofale. Anche la fisica se ne occup&ograve; a cavallo tra Ottocento e Novecento e un grande sostenitore, fu il genio Nikola Tesla. Secondo la sua visione: l&rsquo;etere &egrave; una sostanza diffusa in tutto l&rsquo;universo che sprigiona una quantit&agrave; illimitata di energia. Ed &egrave; da questa visione che prende vita il pensiero del poeta. Egli pensa all&rsquo;etere come a una sorta di dimensione dove esiste una grande quantit&agrave; di energia, a cui si pu&ograve; accedere attraverso un profondo silenzio; il tipico silenzio che si potrebbe avvertire solo nello spazio vuoto. Ed &egrave; proprio da quel silenzio cos&igrave; meditativo e sacro che si genera e germoglia l&rsquo;arte, da quel silenzio, i poeti, i musicisti e dunque gli artisti, ascoltano in accordo alle vibrazioni del proprio ventre, l&rsquo;energia conduttrice di parole, di voci, di dolori, di gioia, l&rsquo;energia della vita e della morte, l&rsquo;energia del nulla e del tutto. Gli individui che si aprono a certe percezioni, diventano in qualche modo dei recettori viventi dove non manca una certa vulnerabilit&agrave; a visioni nefaste. Dal fagocitare questa essenza energetica, l&rsquo;arte esplode nel suo grande fragore.<br />Una silloge audace in cui l&rsquo;amalgama tra perfezione stilistica e misterico sentire &egrave; tratto distintivo.