<i>Sono l&rsquo;incubo di mezzo mondo quelle lunghe, lunghe sere d&rsquo;inverno, che durano dalle sette alle dieci; tre ore per lo meno; per molte famiglie assai pi&ugrave;. Alle quattro e mezzo, al pi&ugrave; tardi alle cinque, s&rsquo;&egrave; accesa la lampada in sala da pranzo. Ad uno ad uno i membri della famiglia, chi da fuori, chi dallo studio, chi dal salotto, si sono radunati l&agrave;, intorno alla tavola apparecchiata. Quelli che sono usciti hanno reso conto dei gradi di freddo della temperatura esterna, della maggiore o minore densit&agrave; della nebbia, dello stato delle contrade, se asciutte, fangose, gelate, ecc. Le signore hanno riferite le visite fatte, le abbigliature della Tale e della Talaltra, le carrozze che erano al corso, le stoffe nuove esposte nei negozi di moda, le pelliccie, i cappellini. I giovinetti hanno riportate le novit&agrave; raccolte al caff&egrave; o al club; chi s&rsquo;&egrave; sposato, o &egrave; in procinto di farlo, chi &egrave; morto, chi &egrave; innamorato; che nuovissime promette il manifesto del Manzoni: chi era la signora pi&ugrave; brillante la sera innanzi alla Scala; che cosa combinano di fare gli ammiratori per la beneficiata della prima donna o della prima ballerina. Il babbo, i membri seri della famiglia, hanno recate le notizie politiche e quelle dei loro reumi, che aumentano o diminuiscono in ragione diretta dell&rsquo;intensit&agrave; del freddo, e dei loro catarri a cui l&rsquo;umidit&agrave; fa dei brutti tiri. Intanto &egrave; stata servita la minestra; ciascuno ha preso il suo posto, e durante pi&ugrave; d&rsquo;un&rsquo;ora tra un boccone e l&rsquo;altro, si sono particolareggiati tutti gli avvenimenti messi sul tappeto, si sono analizzati, discussi, se n&rsquo;&egrave; visto il fondo. Alle sette il pranzo &egrave; finito, la tavola &egrave; sparecchiata, e la sera, l&rsquo;eterna sera d&rsquo;inverno, non &egrave; cominciata ancora.</i>