<b>Enrico Dandolo</b>&nbsp;(1107-1205) fu l&rsquo;artefice del &laquo;dirottamento&raquo; da Gerusalemme a Bisanzio della&nbsp;<b>quarta crociata</b>&nbsp;(1202-1204) che port&ograve; alla definitiva caduta di Costantinopoli. Personaggio controverso e discusso, in et&agrave; avanzata e con salute malferma giunse a ricoprire la carica di doge veneziano incarnando non solo il ruolo di abile stratega e diplomatico, ma rappresentando, altres&igrave;, anche un prototipo di riscatto moderno in una temperie di pieno Medioevo, in cui la caducit&agrave; del fisico denotava scadimento morale con conseguente emarginazione sociale.<br />L&rsquo;attualit&agrave; di Dandolo, per la contemporaneit&agrave; odierna, &egrave; piuttosto inverata dall&rsquo;opposizione crescente, nel corso del Medioevo, fra Occidente e Oriente che si esplicita nella diaspora cruenta e vessata da conflitti economici tra Venezia, signora del ponente Mediterraneo, e Bisanzio, egemone centro dello specchio d&rsquo;acqua del bacino di levante.<br />La vicenda di Dandolo e la conseguente caduta di Costantinopoli, pertanto, si compenetrano e si esplicitano nel quadro dei secolari rapporti tra Oriente e Occidente; rapporti condizionati da una magnetica e reciproca attrazione, a cui, quasi da contrappasso, si &egrave; affiancato un lento e inesorabile processo di separazione e mutua incomprensione.