Strinse il flauto, sperando di trarne un po' di forza, e si costrinse a rimanere lucido. Quando parlò, si sforzò di sembrare calmo e sicuro, ma non fu del tutto convinto di esserci riuscito. «Il fatto che tu abbia un corpo non mi impedirà di ricacciarti nel limbo» ribatté. «Il tuo Signore e tutti i suoi Seguaci furono sigillati anche se erano in possesso della loro forma...» «Non è questo il punto», lo interruppe l'apparizione. «Non lo capite? Siete arrivati tardi! Il vostro tempo è già scaduto!» La figura umana rise. Una risata roca, malevola, selvaggia. Fu in quel momento che Alvorion seppe cosa fare. A guidarlo fu più una volontà istintiva che un pensiero cosciente. Portò il flauto alle labbra, chiuse i fori con le dita, e suonò. In quel momento il suo flauto, la sua essenza, divenne musica. E la musica divenne magia.