La riconoscenza è il “sentimento di gratitudine nei confronti di chi ci ha fatto del bene”. Presuppone ed implica, al tempo stesso, un rapporto che si sviluppa e progredisce nel tempo. Il tempo è quello delle azioni positive, che hanno di mira, appunto, il bene. Il bene o è bene comune oppure non è. Lo è se ad esso si guarda dal punto di vista di un ordinamento: che è istituzione. Insieme di persone. Non massa di individui, che prediligono la solitudine. Il “sentimento di gratitudine” è generato da una particolare sensibilità, riflesso di una inclinazione interiore. Non lo si apprende né sui banchi di scuola né all’Università. È dell’allievo nei confronti del Maestro, quando c’è. È, semplicemente, l’esigenza di chi ha avuto in dono un pensiero, un’attenzione, un insegnamento. C’è chi – è Paolo Grossi – ha desiderato condividere con altri il proprio sapere: per rendere più attraenti le meraviglie della vita oppure per alleviare le inevitabili sofferenze. Il diritto – quello genuino – rigenera i vivi. Chi lo intende così, riconosce – con Nicola Abbagnano – che “Ogni grandezza è tale nell’uomo e per l’uomo, non è pretesa di superamento dell’uomo stesso. E il rischio è inevitabile nella condizione umana, ma va riconosciuto e affrontato, piuttosto che sfidato o esaltato”.