<i>Un tentato suicidio, un Santo Graal di psicopillole e infine il risveglio in uno strampalato ospedale psichiatrico, le cui brutture diventano per il protagonista lo specchio delle contraddizioni della societ&agrave; contemporanea, senza dimenticare che, in fin dei conti, &ldquo;il suicida &egrave; qualcuno che, fino all&rsquo;ultimo, ha immaginato un finale diverso&rdquo;</i><br />di&nbsp;<i>Michela R.</i><br />In un appartamento al dodicesimo piano di un palazzo color marrone, un uomo tenta il suicidio ingurgitando un intero Santo Graal di psicopillole. Lo fa perch&egrave; vede la sua vita come un susseguirsi di fallimenti: vive solo dopo che tutte le sue storie sono naufragate; lavora in una copisteria gestita da un pedofilo polacco; da anni &egrave; in cura, senza successo, da una psicologa freudiana; &egrave; dipendente dal provocare risse nei bar. Qualcosa non va per il verso giusto, per&ograve;, perch&eacute; si risveglia all&rsquo;interno di una struttura psichiatrica. Le brutture e le contraddizioni di quel luogo diventano per lui lo specchio della contemporaneit&agrave; tutta: una societ&agrave; fatta di hashtag selvaggi e selfie strategici, in cui il benessere passa attraverso l&rsquo;assunzione di psicopillole, programmi per assopire la coscienza e filosofie orientali a buon mercato.<br />Scritto con un fine umorismo che lo accomuna a &ldquo;Piccoli suicidi tra amici&rdquo;, di Arto Paasilinna, il testo accompagna il lettore verso la sua sorprendente conclusione, perch&eacute;, in fin dei conti, &ldquo;il suicida &egrave; qualcuno che, fino all&rsquo;ultimo, ha immaginato un finale diverso&rdquo;.