&Egrave; ancora ammissibile porsi la domanda: che fare? &Egrave; ancora accettabile e inevitabile adeguarsi alle ricette cucinate dagli storici chef del convento? &Egrave; senza rimedio il minimo comun denominatore dell&#39;indifferente ma bellicoso presenzialismo del cittadino medio? &Egrave; irreversibile la pretesa di giungere a un accomodamento delle criticit&agrave; locali e mondiali senza una condivisa e rinnovata consapevolezza dei rapporti causa-effetto? &Egrave; ancora convincente o sufficiente la manutenzione di una struttura ideale e pratica che difetta sempre di pi&ugrave; di garanzie e di prospettive? &Egrave; possibile concepire uno scenario di migliore applicazione degli impegni e delle buone volont&agrave;? &Egrave; realizzabile una vita individuale sociale e politica che si doti di paradigmi e di progettualit&agrave; migliori di quelli coltivati e imposti dalle credenze collaudate e contingenti?<br />Se la risposta, sopratutto alla prima domanda, &egrave; no, allora devo scusarmi per aver calcato la mano nel denunciare l&#39;insoddisfacente dell&#39;esistente, del posizionamento consuetudinario o nuovistico nei confronti di tutti i partiti, e delle matrici prevalenti psicologiche sociali ed economiche. Ma se la risposta &egrave; s&igrave;, allora questa risposta deve portare ad un esito fattibile, razionale, organico, umanamente e socialmente fondato e realizzabile.<br />Anche la mia risposta &egrave; s&igrave;, e ho cercato di motivarne e descriverne il perch&eacute; e il come.