Colui che era chiamato il &laquo;Cavaliere della Taverna&raquo; proruppe in una risata sardonica come una sghignazzata satanica.<br />Illuminato dalla luce gialla che pioveva da due candele di sego infisse nel collo di bottiglie vuote, egli guard&ograve; con aria sprezzante il giovane vestito di nero, dal volto pallido e dalle labbra tremanti, rincantucciato in un angolo di quella sordida stanza. Ridendo poi di nuovo, e con voce rauca, si mise a cantare, rovesciandosi sulla sedia, allungando le gambe magre e accompagnando con gli speroni il ritmo di quella sua canzone sguaiata.<br />Il giovane allora si fece avanti con un certo smarrimento e grid&ograve; disgustato:<br />&mdash; Basta, basta: e se volete gracchiare, scegliete almeno un canto meno scurrile!<br />&mdash; Eh? &ndash; il fanfarone gett&ograve; indietro i capelli arruffati che gli coprivano, quasi, il volto magro e duro, e con gli occhi che a un tratto parvero infiammarsi, guard&ograve; il suo interlocutore, poi socchiudendo le palpebre disse:<br />&mdash; Per la vita di Dio, mastro Stewart, avete una temerit&agrave; che potrebbe risparmiarvi di avere un giorno, i capelli grigi! Che v&rsquo;importa del canto che la mia fantasia m&rsquo;ispira? Durante tre lunghi e tediosi mesi ho moderato le mie maniere e mi son logorata la gola a lodare il Signore; per tre mesi sono stato un monumento vivente di zelo e di piet&agrave;; e ora che ho finalmente scossa la polvere della vostra miserabile Scozia dai miei tacchi, voi &ndash; un autentico bambino, che lascia appena la gonnella della mamma &ndash; vi permettete di farmi delle osservazioni perch&egrave; canto per consolarmi!