La campagna povera del basso Veneto, i ricordi dell’adolescenza, gli anni difficili del trasferimento a Mestre che con Porto Marghera è stato uno dei poli industriali più importanti d’Italia. Lo studio visto dapprima come strumento per la liberazione dalle catene dell’ignoranza e della superstizione e poi come piacere e desiderio di conoscenza. Gli anni del “riscatto” e gli ideali del ’68 tra passioni e delusioni. L’amore per una regione così bella e il rapporto difficile con essa nel periodo di transizione tra il mondo contadino tradizionale e quello industriale che contrappone vecchie e nuove ideologie. Ricordi che si intrecciano con i grandi eventi economico-sociali che hanno caratterizzato l’ultima parte del secolo scorso, raccontati non con la valutazione attenta di uno studioso che si occupa di quei fenomeni, ma attraverso la percezione di un semplice ragazzo inconsapevolmente coinvolto in quegli eventi. Una risposta e un’esortazione rivolta ai tanti giovani d’oggi che accusano la generazione che li ha preceduti di essere la responsabile dell’enorme debito pubblico e del conseguente disastro economico e di aver vissuto una condizione di privilegio rispetto a quella sicuramente difficile che si trovano ad affrontare loro nella più grave crisi occupazionale del dopo guerra.