Nella storia della teologia e della spiritualit&agrave; cristiana san Giovanni della Croce &egrave; probabilmente il mistico che pi&ugrave; ha indagato e descritto la natura, il dinamismo e gli effetti della prova nella vita dello spirito, prova che ha magistralmente identificato con la metafora della notte.<br />Alla &ldquo;notte oscura&rdquo; viene attribuito il valore centrale che ne fa l&rsquo;espressione sintetica dell&rsquo;esperienza mistica: si riferisce, infatti, a tutti i momenti dell&rsquo;esperienza e quindi anche a quello culminante, quando diventa &ldquo;notte pacifica, abissale e oscura intelligenza divina&rdquo;, allorch&eacute; l&rsquo;anima si unisce a Dio &ldquo;trasformata dall&rsquo;amore&rdquo;. Ma &egrave; notte anche perch&eacute; &egrave; il luogo dove agisce la fede, che procede nell&rsquo;oscurit&agrave;, cio&egrave; nella non conoscenza dell&rsquo;obiettivo finale, anche se cammino di progressiva trasformazione, purificazione del soggetto, il quale perde uno dopo l&rsquo;altro i suoi attaccamenti ai sensi e alle facolt&agrave; psichiche (intelletto, immaginazione e desiderio).<br />La &ldquo;notte&rdquo; porta a sviluppare la capacit&agrave; di contemplazione che, in modo apparentemente molto semplice, &egrave; descritta come un &ldquo;rimanere quieti trascurando qualsiasi opera interiore ed esteriore e tenendo lontana ogni sollecitudine di fare qualche cosa&rdquo;. In realt&agrave; si tratta di un suggerimento molto tecnico, che viene spiegato come un cessare da ogni &lsquo;meditazione&rsquo; di tipo discorsivo (come sarebbe p. es. riflettere su un passo della Scrittura o altri simili esercizi in cui &egrave; coinvolto il pensiero) e restare fermi su un oggetto singolo e specifico, che nella fattispecie &egrave; la sensazione della presenza di Dio.