Gi&agrave; durante gli ultimi anni del suo insegnamento e dopo la sua morte, il complesso delle dottrine filosofiche e teologiche di san Tommaso d&rsquo;Aquino, chiamato&nbsp;<i>&ldquo;tomismo&rdquo;</i>, suscit&ograve; aspre e violente polemiche, poich&eacute; le tesi aristoteliche in esso contenute erano, all&rsquo;epoca, giudicate pericolose per il dogma.<br /><b>Nel XVII secolo, poi, fu nuovamente al centro delle critiche per queste due sue opere sull&rsquo;alchimia, da alcuni studiosi addirittura dichiarate non autentiche.</b><br />Come poteva &ndash; dicevano &ndash; un santo, un genio prestar fede all&rsquo;alchimia che molti consideravano &ldquo;opera del demonio&rdquo; o quanto meno una fantasticheria?<br />&Egrave; certo, invece, che San Tommaso conobbe l&rsquo;alchimia, non soltanto perch&eacute; fu discepolo di Alberto Magno, ma anche perch&eacute; nel XIII secolo era una delle scienze pi&ugrave; esatte &ndash; studiata come l&rsquo;aritmetica, la cosmologia, la fisica e la musica &ndash; era la &ldquo;<i>chimica&rdquo;</i>&nbsp;dell&rsquo;epoca e faceva parte del patrimonio scientifico di ogni uomo veramente erudito. E Tommaso non la condannava affatto ma insegnava che essa, lungi dal poter trasmutare la materia, cambiarne la natura intima, fabbricando, per esempio, l&rsquo;oro, poteva per&ograve; modificarne i cosiddetti &ldquo;accidenti&rdquo;, le specie.