Mentre ci immedesimiamo con i drammi del Decalogo, lo sguardo di Kieslowski &egrave; altrove: su tutta una serie di dettagli inspiegabili, appena percettibili, che creano per&ograve;, tanto nello spettatore quanto nel personaggio del film un vago malessere. Questi particolari stravaganti, disturbanti, a volte inquietanti, finiscono per rendere opaca la narrazione, per caricarla di una dimensione bizzarra e vagamente minacciosa. Nonostante Kieslowski affermi che essi facciano parte di &ldquo;una realt&agrave; che non si pu&ograve; capire e non si pu&ograve; sistemare in un ordine logico&rdquo;, noi li consideriamo come sintomi di un discorso nascosto che mira a sovvertire quello manifesto della narrazione. Grazie a questa &ldquo;altra scena&rdquo;, vera cifra stilistica di Kieslowski, il Decalogo sfugge a quella falsa testimonianza che ne occulta lo scandalo radicale. Questo scandalo (come ogni vero scandalo) non &egrave; immediatamente visibile: bisogna dedurlo dietro la captatio benevolentiae di una petizione &ldquo;etica&rdquo; a cui pubblico e critica hanno aderito fin troppo zelantemente.<br /><br />Sandra Puiatti lavora presso il servizio di neuropsichiatria infantile a Pordenone<br />Moreno Manghi &egrave; psicanalista a Sacile (PN)