Le mie prigioni rimane, senza dubbio, uno dei testi pi&ugrave; significativi della lunga e complessa esperienza risorgimentale. Il libro, scritto da Pellico a partire dal 1831 e pubblicato l&rsquo;anno successivo, &egrave; la toccante e al tempo stesso puntuale ricostruzione degli avvenimenti compresi tra il 13 ottobre 1820 (data dell&rsquo;arresto a Milano) e il 17 settembre 1830 (giorno del rientro a casa). In mezzo domina ovviamente la cruda descrizione della prigionia nel carcere della citt&agrave; di Brno in Moravia. L&rsquo;iniziale condanna a morte viene in seguito tramutata in una rigidissima detenzione della durata di quindici anni. Nel &rsquo;30 arriva inaspettata una grazia imperiale che rid&agrave; finalmente a Pellico la tanto sospirata libert&agrave;. L&rsquo;opera, pur se permeata da un alone di eccessiva spiritualit&agrave;, &egrave; senz&rsquo;altro un duro colpo inferto all&rsquo;immagine del regime asburgico del primo ministro Metternich. L&rsquo;accusa di carboneria, mossa al patriota italiano, non giustifica infatti in nessun modo il trattamento infertogli.<br /><br /><br />Silvio Pellico nasce a Saluzzo il 24 giugno 1789. Fin da giovane dimostra di avere talento per la scrittura e la poesia. Dirige &ldquo;Il Conciliatore&rdquo;, periodico anti-austriaco e di ispirazione romantica. &ldquo;Reo&rdquo; di essere un membro della setta segreta dei Federati, viene arrestato dalla polizia austriaca e rinchiuso per dieci anni nella tristemente famosa fortezza dello Spielberg. Tornato in libert&agrave; d&agrave; alle stampe alcune opere letterarie e lavora come segretario e bibliotecario presso la marchesa Giulia Falletti di Barolo. Muore a Torino il 31 gennaio 1854.