&ldquo;Ho scelto il titolo Attesa di Dio perch&eacute; era caro a Simone; ella vi scorgeva la vigilanza del servo che attende ansioso il ritorno del padrone&rdquo;: cos&igrave;, con chiaro riferimento alla parabola evangelica, il domenicano Joseph-Marie Perrin introduceva la raccolta di scritti della Weil da lui pubblicata per la prima volta nel 1950.<br />Che si tratti dello studio scolastico &ndash; un problema di geometria, una versione di latino &ndash; o della ricerca di Dio, l&rsquo;attenzione &egrave; l&rsquo;unica cosa richiesta, ci&ograve; senza cui la ricerca non &egrave; possibile &ndash; anzi, &egrave; falsa. Perch&eacute; quello che si richiede &egrave; solo &ldquo;uno sguardo attento, in cui l&rsquo;anima si svuota di contenuto proprio per accogliere in s&eacute;&rdquo; quella realt&agrave; che solo cos&igrave; &ldquo;essa vede nel suo aspetto vero&rdquo;.<br />&Egrave; evidente che l&rsquo;attesa/attenzione di cui Simone parla, nel vuoto fatto in se stessi, fa tutt&rsquo;uno con l&rsquo;onest&agrave; intellettuale, in forza della quale si cerca la verit&agrave; cos&igrave; come essa &egrave;, e non come serve ai nostri interessi, pi&ugrave; o meno nobili. Sotto questo profilo l&rsquo;attesa/attenzione presuppone anche la fine di ogni nostro pregiudizio, la libert&agrave; da ogni opinione, e, nello specifico caso del divino, la fine di ogni &ldquo;immaginazione riempitrice di vuoti&rdquo;. Proprio il vuoto, nel suo senso di purezza e disponibilit&agrave; ad accogliere la luce, &egrave; uno dei termini-chiave dell&rsquo;esperienza religiosa di Simone.<br />La ripubblicazione, ancora oggi, di questo importante testo di Simone Weil, vuole contribuire a rompere una serie di censure e di tab&ugrave; con cui il mondo cattolico ha rinunciato ad appropriarsi della Weil, manifestando l&rsquo;impotenza a confrontarsi liberamente con la pi&ugrave; alta esperienza spirituale del Novecento.