Il titolo del romanzo evoca subito il fascino di lontane spiagge delle Bahamas dove un rilassante soggiorno &egrave; riservato solo a chi comune mortale non &egrave;, beato lui! Infatti, il protagonista &egrave; un uomo che per tutta la vita, salvo piccoli episodi &ldquo;normali&rdquo; di dura esistenza, si &egrave; portato dietro il peso assai lieve di un nome &ndash; Fortunato &ndash; che si &egrave; rivelato profetico.<br />Nomen omen si dice spesso per chi ha vissuto in piena sintonia con il proprio nome di battesimo, ma chi potrebbe immaginare che ci&ograve; fosse potuto capitare a un uomo nato in un piccolo borgo della Valle di Zoldo, nel profondo nord delle Dolomiti, dove il sole compare poche volte all&rsquo;anno? E invece, per una volta tanto, la cieca Fortuna aveva fatto tappa lass&ugrave; nel suo costante viaggio tra gli umani per distribuire a caso qualcosa di diverso dalla solita e magra vita del povero montanaro.<br />Infanzia e adolescenza di Fortunato parlano di emigrazione come di stimmate che non si abbandonano mai e restano indelebili per quel popolo storicamente sempre migrante: gen&igrave;e intere di peracottari, gelatieri, zattieri e boscaioli per le strade d&rsquo;Europa in cerca di fortuna. Poteva essere questo il suo destino, ma i frangenti della vita non sono prevedibili se &egrave; vero che &ldquo;Uno su mille ce la fa&rdquo; come recita una canzone di Gianni Morandi. E Fortunato ce la fa, mentre nei suoi ricordi i faticosi sentieri della sua valle si fanno ogni giorno pi&ugrave; lontani, sbiaditi e irreali.<br />Il Fortunato adulto &egrave; un uomo diverso dal giovane montanaro di un tempo. Almeno cos&igrave; ce lo racconta lui stesso attraverso una miriade di ricordi che il romanzo riversa al lettore in queste pagine ricche di pensieri, aneddoti, circostanze di vita turbinose. Quali sono pi&ugrave; credibili?<br />Dino Bridda<br />&nbsp;