<b>Stelio Mattioni</b>&nbsp;ha &laquo;il potere di farci entrare in un mondo tutto suo, che &egrave; il segno dello scrittore vero&raquo; scrisse&nbsp;<b>Roberto Bazlen</b>, che volle con s&eacute; l&rsquo;autore alla casa editrice&nbsp;<b>Adelphi</b>&nbsp;negli anni Sessanta. E il mondo di questo romanzo &egrave; la casa dove Tina trova rifugio assieme alle sue due bambine quando abbandona il tetto coniugale: un microcosmo conflittuale, perfettamente chiuso, che assume presto la forma di un harem governato da&nbsp;<b>un dispotico padrone</b>&nbsp;che sottomette in maniera sfuggente, ma ineludibile, la corte di donne che lo abita, e dove tutto ruota attorno alla&nbsp;<b>chiave</b>&nbsp;di una stanza, simbolo di un complesso rito di competizione erotica e rinuncia alla propria libert&agrave;.<br />Nella prima edizione del libro (1968),&nbsp;<b>Mattioni</b>&nbsp;fu presentato come un &laquo;favolista irreprimibile&raquo;, che &laquo;trasforma qualunque vicenda nella geometria della favola&raquo;. Ed &egrave; cos&igrave;: l&rsquo;autore parte da un contesto ordinario &ndash; una casa, un giardino inospitale, un laboratorio misterioso &ndash; e poi pian piano lo smantella, lo&nbsp;<b>deforma</b>&nbsp;per mezzo delle convulse spinte passionali dei personaggi, dei loro sogni sottesi, delle ambizioni mal riposte, delle voglie di rivalsa o di autodistruzione, impedendoci alla fine di stabilire se stiamo leggendo una&nbsp;<b>favola grottesca</b>&nbsp;o se grottesco &egrave; il mondo reale e l&rsquo;autore lo ha soltanto messo a nudo.<br />Prefazione di&nbsp;Alcide Pierantozzi.