Il De Magistro &egrave; molto pi&ugrave; di un semplice trattato sulla didattica in quanto problematizza due istanze: come rendere il pi&ugrave; possibile efficace la dialettica tra insegnamento e apprendimento, e il problema del rapportarsi dell&lsquo;uomo alla verit&agrave;.<br />Colui che ha il compito di insegnare deve essere una figura di livello eccezionalmente elevato, qualcuno il cui spessore &egrave; ben diverso dal personaggio che ha il compito di insegnare qualcosa; il &ldquo;maestro&rdquo; di san Tommaso non ha soltanto una preparazione altissima e a tutto campo di ci&ograve; che insegna, deve anche sentire, con forza, la responsabilit&agrave;, in questo rapporto, verso le persone che dovr&agrave; invogliare al medesimo percorso che lui ha gi&agrave; fatto. Dal De Magistro, emerge una figura di docente alla quale si chiedono alte responsabilit&agrave; e preparazione, pur nella ammissione di quanto poco egli &ldquo;immette nel processo del sapere se paragonato a quanto vi mette il soggetto stesso&rdquo;.<br />San Tommaso ci invita ad una modernit&agrave; sconosciuta allora, e spesso poco praticata anche ora: la capacit&agrave; del docente di lasciare il soggetto in primo piano, attivando le risorse personali dello studente; partire dal rapporto con l&rsquo;esistente per arrivare ad una conquista autonoma del sapere.<br />Il fascino dell&rsquo;elaborazione di san Tommaso risiede nella grande fiducia e nel rispetto che egli ha per l&lsquo;uomo concreto, nel considerarlo padrone di se stesso e dei propri strumenti, artefice del proprio destino e del proprio percorso di vita. Un Dio &egrave; necessario, certamente, proprio alla libert&agrave; dell&lsquo;uomo che, grazie all&lsquo;essere stimolato dal maestro, pu&ograve; staccarsi da ogni rischio di dipendenza dalle cose. La trascendenza, intesa in questa accezione, pone una relazione che non &egrave; una dipendenza.<br />Il conoscere per san Tommaso, pu&ograve; essere raggiunto con due modalit&agrave;: l&lsquo;inventio e la disciplina. Il riferimento all&lsquo;educazione &ldquo;scolastica&rdquo; comincia cos&igrave; a delinearsi con molta chiarezza: il sapere &egrave; gi&agrave;, in potenza, in chi impara; tutti gli uomini, anche se con modi diversi, possono imparare da s&eacute;. La differenza non riguarda solamente sviluppare delle capacit&agrave; cognitive, ma avere la consapevolezza, con il supporto attivo del maestro, delle modalit&agrave; di applicazione delle proprie risorse interne.<br />Mario Casotti, pedagogista che molto conosce del pensiero tomista, conclude il saggio che &egrave; posto al termine del De Magistro con queste parole: &ldquo;il pensiero di S. Tommaso ci fa, oggi, l&rsquo;effetto che fa sempre il ritorno all&rsquo;antico, quando &egrave;, come nel nostro caso un antico &laquo;pi&ugrave; vero&raquo; e, perci&ograve;, pi&ugrave; &laquo;moderno&raquo; del moderno: l&rsquo;effetto di una novit&agrave; addirittura rivoluzionaria. Studiare S. Tommaso vuol dire, in questa come in tante altre questioni, ritrovare noi stessi. Una pedagogia del passato? Diciamo, piuttosto: una pedagogia dell&rsquo;avvenire.&rdquo;