Chi parla in questo esile libello &egrave; l&rsquo;<i>esegnante</i>, ossia colui che non insegna o, per meglio dire, colui che lascia <i>fuori</i> i suoi segni.<br />La sua voce si manifesta per dire quello che tutti &ndash; forse &ndash; hanno sempre pensato ma nessuno ha mai avuto il coraggio di dire: insegnare &egrave; per spiriti deboli, un atto inane e inoffensivo che allontana dalla vertigine della conoscenza, quella che si conquista soltanto lontano dalle aule scolastiche, luoghi in cui un sapere annacquato viene distribuito talvolta con obbligo scolastico.<br />L&rsquo;<i>esegnante</i>, invece, &ldquo;da fuori&rdquo;, come uno straniero, tenta di tracciare quell&rsquo;incolmabile solco tra conoscere e istruirsi.<br />Egli ha l&rsquo;impudenza di dire che &laquo;<i>la conoscenza &egrave; dovuta a un avvenimento inatteso, al caso o a un incontro fortuito. La conoscenza &egrave; regolata dalla stocastica&raquo;</i>.<br />Cos&igrave;, con una prosa insolente e spregiudicata, egli affronta l&rsquo;argomento come farebbe un moralista d&rsquo;altri tempi o uno di quei <i>philosophes</i> del passato redattori di trattatelli licenziosi, anonimi e clandestini.<br />Ci&ograve; che qui si delinea, insomma, &egrave; un diverso modo di intendere il sapere e la conoscenza che sono stati messi fuori gioco dall&rsquo;insegnamento. S&igrave;, perch&eacute; dopotutto &egrave; proprio un atto d&rsquo;accusa all&rsquo;insegnamento che qui si &egrave; voluto riassumere con l&rsquo;espressione &ldquo;<i>contro la scuola</i>&rdquo;.