Il Conte Vincenzo Marenco di Castellamonte (Dogliani, 1752 - Torino, 1814) &egrave; stato uno dei maggiori poeti italiani del XVIII&deg; secolo e dell&rsquo;et&agrave; napoleonica, un fine letterato ed erudito oggi inspiegabilmente quasi dimenticato, la cui produzione letteraria pu&ograve; essere collocata a cavallo tra preromanticismo e neoclassicismo. Autore di opere straordinarie, come il dramma eroico <i>Alcide in Argo</i> (1806) e il poema epico in sette canti Rodi salvata, pubblicato postumo nel 1833, fu membro della prestigiosa Accademia dell&rsquo;Arcadia, con il nome iniziatico-letterario di Nicaste Fereo, e dell&rsquo;Accademia delle Scienze di Torino, per la quale tenne varie lezioni e conferenze.<br />Fu anche l&rsquo;abile e attento curatore di una delle antologie poetiche pi&ugrave; belle del suo tempo: la raccolta <i>Poemetti italiani</i>, pubblicata a Torino nel 1797 con l&rsquo;obiettivo di riunire ci&ograve; che appariva ai suoi occhi di Arcade il meglio della produzione poematica italica di ogni epoca. L&rsquo;alternanza di testi didascalici, pastorali, sacri e giocosi raccolti da Marenco - testi che includevano il suo poemetto <i>Della natura poetica</i> - restituisce il profilo di una tipologia compositiva di successo plurisecolare e ancora a quel tempo largamente praticata, nonostante la poesia si stesse allora avviando in altre direzioni.